Il diritto all’accesso ad internet, tra valori costituzionali e difficoltà di esercizio.

 

L’opera prende le mosse dalla proposta di legge costituzionale n. 327/2022 mirante alla modifica dell’art 21 della Costituzione chiarendone tenore, scopi ed antefatti per poi soffermarsi su definizione, estensione e valore del diritto alla connessione ricollegandosi poi al “percorso di emersione” di tale diritto nella dottrina italiana.

Sommario: 1 – Accesso ad internet e progetti di riforma costituzionale. – 2. – Diritto di accesso ad internet: definizione, contenuti e fondamenti. 3. – Il percorso di emersione del diritto di accesso ad internet.

1. Accesso ad internet e progetti di riforma costituzionale. – Il 13 ottobre 2022, è stata presentata alla Camera dei Deputati la Proposta di legge costituzionale n. 327/2022 di modifica l’articolo 21 della Cost., che punta a riconoscere ed esplicitare il diritto di ognuno all’accesso ad internet aggiungendo all’articolo attualmente vigente, in fine, il seguente comma:

«Tutti hanno eguale diritto di accedere alla rete internet, in condizioni di parità, con modalità tecnologicamente adeguate tali da favorire la rimozione di ogni ostacolo di ordine economico e sociale. La legge stabilisce provvedimenti adeguati a prevenire le violazioni del diritto di cui al presente comma». La proposta riprende l’idea di S. Rodotà di introduzione di un articolo 21 bis nella Costituzione che prevedeva un identico testo1.

Questa recente proposta fa seguito ad altre presentate in passato ed in particolare al Ddl. Cost.1561 del 10 luglio 2014, ed il Ddl. Cost. 2816 del 14 gennaio 2015, che puntavano anch’esse a formalizzare la costituzionalizzazione del diritto ad Internet. L’ obiettivo di queste proposte era inserire nella Costituzione un nuovo articolo, il 34 bis, «in materia di riconoscimento del diritto sociale di accesso alla rete internet». L’articolo si sarebbe collocata nella parte prima, titolo II, della Costituzione, dedicata ai Rapporti etico-sociali.

La proposta di legge costituzionale n. 327/2022 –che propone l’inserimento nella Costituzione del diritto universale di accesso alla rete internet – ha tre finalità dichiarate:

1) garantire l’accesso ai servizi digitali;

2) favorire la possibilità di formazione dei singoli e delle formazioni sociali;

3) promuovere lo sviluppo dell’economia digitale e la nascita di nuove professionalità e opportunità di lavoro.

La necessità di introdurre una norma di rango costituzionale è determinata dall’esigenza di fornire un precetto al quale dovranno uniformarsi tutti i successivi interventi normativi nei differenti ambiti (dall’istruzione al lavoro, dallo sviluppo economico alla partecipazione civica).2

Gli avvenimenti recenti legati alla pandemia Covid-19 hanno portato ad una improvvisa accelerazione di fenomeni come lo smart working ed il distance learning ecc., hanno vieppiù evidenziato il “digital divide” che esiste in Italia. In pieno ventunesimo secolo e nel mezzo di una crisi che resterà nelle cronache, una importante fetta della popolazione italiana non ha avuto l’accesso (in tutto o in parte) ad internet, e solo per la arretratezza nel settore dei nostri sistemi di telemedicina (che non permette consultazioni on line da parte dei malati con il Servizio Sanitario) non ha prodotto divari con conseguenze ancora più drammatiche. Tali circostanze hanno contribuito, come la relazione al progetto 327/2022 riconosce, a rendere ancora più evidente che la rete internet rappresenta una componente essenziale della cittadinanza.

Va ricordato che il tema del diritto di accesso ad Internet è da tempo un obiettivo centrale già a livello comunitario. Fra i 7 Pilastri della Strategia Europa 2020, che indicava gli obiettivi di crescita dell’UE fino al 2020, troviamo infatti anche la cd. Agenda Digitale Europea3.
Lo scopo dell’Agenda Digitale era fare leva sul potenziale delle tecnologie ICT per favorire innovazione, progresso e crescita economica, avendo come obiettivo principale lo sviluppo del mercato unico digitale.

Nel quadro dell’Agenda Digitale Europea, l’Italia, in collaborazione con la Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome, ha sviluppato l’Agenda Digitale Italiana, una strategia nazionale per raggiungere gli obiettivi indicati dall’Agenda Europea.
Nell’ambito dell’Agenda Digitale Italiana sono stati predisposti la Strategia italiana per la banda ultralarga e la Strategia per la Crescita Digitale 2014-2020 per il perseguimento degli obiettivi dell’Agenda Digitale4.
Tali obiettivi in verità non appaiono ad oggi raggiunti sia per inadeguato impegno della PA in relazione agli obiettivi che essa stessa si è posta sia per la interferenza di interessi privati5.

Il recente Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza ha ora tra i suoi obiettivi il colmare questo divario con 6,71 miliardi di euro impegnati che mirano a far diventare l’Italia un territorio interamente servito da connessioni digitali superveloci, colmando il digital divide che ancora penalizza il territorio italiano, in particolare le aree più interne e periferiche. Sono 5 le misure previste che permetteranno connessioni internet diffuse e ad alta capacità. L’obiettivo dell’investimento è quello di garantire entro il 2026 una connettività a 1 Gigabit al secondo per circa 7 milioni di indirizzi (numeri civici) in tutta Italia e la copertura 5G nelle aree a fallimento di mercato. Riguardo alla copertura 5G, verranno forniti incentivi per la realizzazione di rilegamenti in fibra ottica di siti radiomobili esistenti e per la costruzione di nuove infrastrutture di rete mobili.

Le indicazioni ricevute dall’Europa richiedono ai Paesi membri di permettere che, entro il 2030, tutte le famiglie dell’Ue possano beneficiare di una connettività ultraveloce e che le zone abitate siano coperte dalle reti 5G. Il Governo italiano ha anticipato questi esiti al 2026 adottando, tramite il Comitato interministeriale per la transizione digitale, la “Strategia italiana per la banda ultralarga – Verso la Gigabit Society”, nota anche come Strategia BUL6.

Da rilevare anche che L’AGCom ha attivato nel luglio 2022 un procedimento per definire il servizio universale di accesso a Internet a banda larga, in conformità all’articolo 84 (in materia di “Servizio universale a prezzi accessibili”) del nuovo Codice delle Comunicazioni Elettroniche, istituito con la Direttiva 1972/2018/UE .

La Direttiva è stata recepita nell’ordinamento italiano appunto con il d.lgs. n. 207/2021.

In particolare, l’articolo 84 è rubricato appunto “Servizio universale a prezzi accessibili” ed al comma primo statuisce: “. Gli Stati membri provvedono affinché tutti i consumatori nei loro territori abbiano accesso a un prezzo abbordabile, tenuto conto delle specifiche circostanze nazionali, a un adeguato servizio di accesso a internet a banda larga e a servizi di comunicazione vocale, che siano disponibili, al livello qualitativo specificato nei loro territori, ivi inclusa la connessione sottostante, in postazione fissa.”.

Inoltre, quanto al profilo della educazione e dell’alfabetizzazione digitale -ciò che comunemente definiamo come “cultural divide”7 – va considerato che se l’Italia può ormai da anni vantare una copertura di connessioni ampie, specie nei centri urbani, lo stesso non si può dire a proposito della percentuale di coloro che effettivamente si connettono alla rete e la utilizzano in qualunque modo8.

2. Diritto di accesso ad internet: definizione, contenuti e fondamenti.- Il tema che ancora oggi si ripropone è così il diritto di ognuno (e non solo di ogni cittadino) all’accesso ad internet in tutte le aree del paese (aree, bianche, nere o grigie che siano9). Che non sia superfluo ribadire i contenuti ed il fondamento di tale diritto è testimoniato dalla recente Sentenza 27 agosto 2020, n. 17894 della Corte di cassazione10, la quale afferma che, in assenza di un espresso riconoscimento normativo, l’accesso alla rete internet non costituisce oggetto di un diritto soggettivo.

Conviene partire dall’aspetto definitorio.

Il diritto di accesso a Internet, conosciuto anche come libertà di connessione, non ha a che fare con la regolamentazione della rete, ma viceversa dichiara e garantisce la possibilità di tutti di accedervi. Pertanto, consiste nel diritto di ciascuno di essere in grado di accedere a Internet per esercitare e godere dei propri diritti, che vanno dalla libertà di espressione e di opinione agli altri diritti umani fondamentali. Specularmente, gli Stati hanno la responsabilità di garantire che l’accesso a Internet sia ampiamente disponibile e che gli Stati potrebbero non limitare irragionevolmente l’accesso di un individuo a Internet. Le Istituzioni pubbliche, in tal senso, devono garantire “i necessari interventi per il superamento di ogni forma di divario digitale tra cui quelli determinati dal genere, dalle condizioni economiche oltre che da situazioni di vulnerabilità personale e disabilità”11.
Non è pertanto una regola tecnica sul funzionamento della rete ma una regola giuridica posta nell’ordinamento affinché tutti abbiano la stessa possibilità di accesso, in condizioni di parità, con modalità tecnologicamente adeguate e aggiornate che rimuovano ogni ostacolo di ordine economico e sociale12.

D’altra parte, Internet è diritto (e diritti) della persona ma è anche la new economy, internet of thinghs13, industria 4.0, FANGs14 o Big Tech, e-government15, in altre parole sviluppo ed inclusione economica e sociale, valori personali, sociali ed economici.

Secondo l’OSCE, l’accesso a Internet dovrebbe essere considerato come un diritto umano fondamentale e rispettato tanto quanto la libertà di espressione: «Everyone should have a right to participate in the information society and states have a responsibility to ensure citizens’ access to the Internet is guaranteed»16.
In senso simile l’ONU in un rapporto del 2011 evidenziava che gran parte della popolazione mondiale non riesca a utilizzare le opportunità offerte dalle tecnologie digitali, sia per questioni di età e di alfabetizzazione informatica, sia per questioni geografiche e sociali. Si aggiunge inoltre che «essendo internet diventato uno strumento indispensabile per rendere effettivo un gran numero di diritti fondamentali, per combattere la diseguaglianza e per accelerare lo sviluppo e il progresso civile, la garanzia di un accesso universale a internet deve rappresentare una priorità per tutti gli Stati»17. Si tratta allora di capire come superare il digital divide18 e concretizzare un diritto di accesso a internet. Alcuni più che di esclusione da internet addirittura parlano di “segregazione”, mettendo in evidenza come chi resta escluso da internet resta al di fuori della possibilità di contribuire alla costruzione del mondo futuro” (Così A. Celotto)19.
Nel 2016, ulteriormente, un rapporto del Consiglio dei diritti umani dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha dichiarato che l’accesso a Internet è un diritto umano fondamentale: fondamentale per consentire alle persone di “esercitare il loro diritto alla libertà di opinione e di espressione”20.

Internet ha contribuito in maniera decisiva a ridefinire lo spazio pubblico e privato, a strutturare i rapporti tra le persone e tra queste e le Istituzioni21. Ha cancellato confini e ha costruito modalità nuove di produzione e utilizzazione della conoscenza. Ha ampliato le possibilità di intervento diretto delle persone nella sfera pubblica. Ha modificato l’organizzazione del lavoro. Ha consentito lo sviluppo di una società più aperta e libera. Internet deve essere considerata come una risorsa globale e che risponde al criterio della universalità. L’Unione europea è oggi la regione del mondo dove è più elevata la tutela costituzionale dei dati personali, esplicitamente riconosciuta dall’articolo 8 della Carta dei diritti fondamentali, che costituisce il riferimento necessario per una specificazione dei principi riguardanti il funzionamento di Internet, anche in una prospettiva globale22.

Sotto altro profilo siamo di fronte a una nuova realtà in cui la nostra dipendenza dall’accesso a Internet per adempiere a compiti civili di base è minacciata dall’aumento della vulnerabilità informatica e sociale. Questa dicotomia di dipendenza e vulnerabilità richiede un nuovo quadro per comprendere lo stato giuridico e dei diritti umani di questa realtà tecnologica in evoluzione23.

3. – Il percorso di emersione del diritto di accesso ad internet – Nella dottrina giuridica italiana il riconoscimento e la promozione del diritto di accesso ad Internet all’interno dell’ordinamento italiano è stato teorizzato da Stefano Rodotà in numerose sue opere ed interventi all’interno della sua prospettiva di studio sulla Persona o meglio ancora “dal soggetto alla persona”24. Richiamando un commento all’opera di Rodotà sul tema, infatti: “Il riferimento è … alla sua proposta di introduzione di un articolo 21 bis (ndr. della Costituzione), sulla scorta delle proposte avanzate da vari filoni di pensiero e riguardanti quando un Internet Bill of Right, quando una Magna Carta per Internet, quando, ancora, una Dichiarazione per i diritti di Internet. Già dal 2005, infatti, in occasione del World Summit of Information Society organizzato dall’ONU a Tunisi, venne sottolineata la necessità di una convenzione internazionale sui diritti in Internet che implementasse la questione della protezione dei dati personali, sulla scorta ma anche oltre, l’art. 8 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE. Secondo Rodotà, dunque, occorre aggiungere un articolo 21 bis del seguente tenore: «Tutti hanno eguale diritto di accedere alla rete Internet, in condizione di parità, con modalità tecnologicamente adeguate e che rimuovano ogni ostacolo di ordine economico e sociale»”25.
Da queste considerazioni è emerso il valore costituzionale dei nuovi diritti connessi alle nuove tecnologie, da intendersi come ulteriore specificazione dei diritti costituzionali e fondamentali dell’individuo26.
Tale aspetto si ricollega all’ormai sempre più sottile confine tra il dato personale e la persona fisica, e si può a piena ragione parlare di “identità” digitale27.

Il diritto di libertà informatica «è diventato una pretesa di libertà in senso attivo, non libertà da ma libertà di, che è quella di valersi degli strumenti informatici per fornire e ottenere informazioni di ogni genere. È il diritto di partecipazione alla società virtuale, che è stata generata dall’avvento degli elaboratori elettronici nella società tecnologica: è una società dai componenti mobili e dalle relazioni dinamiche, in cui ogni individuo partecipante è sovrano nelle sue decisioni»28. Sempre nella medesima prospettiva, si sottolinea come la libertà di comunicazione introdotta da Internet (libertà di trasmettere e di ricevere) conduce a ritenere che «non è più soltanto l’esercizio della libertà di manifestazione del pensiero dell’individuo, ma piuttosto la facoltà di questi di costituire un rapporto, di trasmettere e richiedere informazioni, di poter disporre senza limitazioni del nuovo potere di conoscenza conferito dalla telematica»29.

La necessità di accedere all’esercizio dei propri diritti attraverso la Rete è quindi diventata ormai un bisogno fondamentale, così come è stato sostenuto che i dati sono il nuovo petrolio 30, la nuova acqua31 .

Da qui la rilevanza dello statuto giuridico del dato (principalmente scambiato in rete) che è quindi da un lato una merce di scambio (il nuovo petrolio appunto) dall’altro un diritto fondamentale in quanto connesso alla persona. La rete è la struttura che, rimanendo neutrale, ci permette di accedere alla conoscenza, ormai quasi integralmente digitalizzata, ed allo scambio dei dati, metadati e delle informazioni.

Per quanto lo statuto giuridico di internet sia ampiamente discusso (è un “luogo” oppure ci si deve riportare inquadramento giuridico di tutti i servizi di Internet o ancora un cyberspazio libero da ogni autorità statale?)32 non è individuabile alcuna infrastruttura né identificabile alcun soggetto responsabile a cui si possa imputare l’effettiva gestione della rete per quanto organismi internazionali come ISOC, IAB, IEFT ai quali con il tempo se ne sono aggiunti anche altri, si occupano essenzialmente del governo tecnico della rete.

La rete viene quindi infine vista come un “bene comune”. È stato osservato che“è possibile operare una tassonometria dei beni comuni su tre liste: beni e servizi comuni naturali tangibili, esauribili; beni e servizi comuni immateriali, cognitivi, illimitati; beni e servizi pubblici, naturali e artificiali, come le infrastrutture fisiche o digitali, la conoscenza, il welfare, internet”33.

Una formidabile evoluzione del significato di beni comuni è arrivata dalle comunità virtuali che praticano la sfera digitale. Per loro e con loro “the Commons” diventano chiaramente tutti quegli elementi materiali e immateriali, naturali e sociali che ognuno di noi può condividere e che nessuno può possedere in esclusiva se non a discapito della loro stessa funzionalità, utilità e potenza34.

Come già osservava Rodotà non solo la rete, ma gli stessi dati pubblici, gli “Open data”35 – archivi e dati prodotti generalmente dalla pubblica amministrazione e accessibili e utilizzabili da tutti online, senza restrizioni di copyright – sono visti come i nuovi beni comuni in grado di ridurre la distanza tra cittadini ed istituzioni, oltre a offrire nuove prospettive in campi come la ricerca medica o la teoria digitale36.
Tutto ciò finisce con fondare quella “nuova antropologia” che l’Autore prefigurò più di cinquanta anni fa: “La grande trasformazione tecnologica cambia il quadro dei diritti civili e politici, ridisegna il ruolo dei poteri pubblici, muta i rapporti personali e sociali, e incide sull’antropologia stessa delle persone”37.

Sempre sulla spinta dell’Insegnamento di Rodotà la Commissione dei Diritti di Internet della Camera dei deputati, commissione costituita il 27 ottobre 2014 e che fu presieduta dallo stesso Rodotà, il 14 luglio 2015 predisponeva la c.d. “Dichiarazione dei diritti in Internet”: successivamente presentata alla Camera dei Deputati il 28 luglio 2015.
Il frutto di questo lavoro è stato tale dichiarazione, concepita non come un testo normativo ma come una linea guida per una interpretazione evolutiva delle normative esistenti contributo e per contribuire al pubblico dibattito, fornendo una direzione da seguire per possibili sviluppi legislativi futuri.
La dichiarazione dei diritti in Internet è fondata sul pieno riconoscimento di libertà, eguaglianza, dignità e diversità di ogni persona. La garanzia di questi diritti è condizione necessaria perché sia assicurato il funzionamento democratico delle Istituzioni e perché si eviti il prevalere di poteri pubblici e privati che possano portare ad una società della sorveglianza, del controllo e della selezione sociale. Internet si configura infatti come uno spazio sempre più importante per l’autorganizzazione delle persone e dei gruppi e come uno strumento essenziale per promuovere la partecipazione individuale e collettiva ai processi democratici e l’eguaglianza sostanziale. I principi riguardanti Internet tengono conto anche del suo configurarsi come uno spazio economico che rende possibili innovazione, corretta competizione e crescita in un contesto democratico. Una Dichiarazione dei diritti di Internet, sotto questo profilo, è strumento indispensabile per dare fondamento costituzionale a principi e diritti nella dimensione sovranazionale38.

Conviene citare alcune delle più importanti disposizioni di questa dichiarazione.
In particolare all’art. 2 prevedeva espressamente che l’accesso ad Internet è diritto fondamentale della persona e condizione per il suo pieno sviluppo individuale e sociale. Testualmente il testo recita:

«1. L’accesso ad Internet è diritto fondamentale della persona e condizione per il suo pieno sviluppo individuale e sociale. 2. Ogni persona ha eguale diritto di accedere a Internet in condizioni di parità, con modalità tecnologicamente adeguate e aggiornate che rimuovano ogni ostacolo di ordine economico e sociale.

3. Il diritto fondamentale di accesso a Internet deve essere assicurato nei suoi presupposti sostanziali e non solo come possibilità di collegamento alla Rete.

4. L’accesso comprende la libertà di scelta per quanto riguarda dispositivi, sistemi operativi e applicazioni anche distribuite.

5. Le Istituzioni pubbliche garantiscono i necessari interventi per il superamento di ogni forma di divario digitale tra cui quelli determinati dal genere, dalle condizioni economiche oltre che da situazioni di vulnerabilità personale e disabilità»39.

L’art. 1 prevedeva il “Riconoscimento e garanzia dei diritti”, l’art. 3 prevedeva “il diritto alla conoscenza ed all’educazione in rete”, l’art. 4 la “neutralità della rete”, lart.5 la tutela dei dati personali, l’art. 6 il “diritto alla autodeterminazione informativa”, l’art. 7 il Diritto alla inviolabilità dei sistemi, dei dispositivi e domicili informatici), l’art.8 “trattamenti automatizzati”,l’art. 9 “Diritto all’identità”, art.10 “Protezione dell’anonimato”.

Tale documento tracciava quindi sia un chiaro perimetro che una linea di chiari contenuti di quella che dovrebbe essere la forma di identificazione e tutela dei diritti fondamentali in rete del cittadino.

A livello comunitario, di particolare importanza il Regolamento UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 25 novembre 2015 recante “misure riguardanti l’accesso a un’Internet aperta e che modifica la direttiva 2002/22/CE relativa al servizio universale e ai diritti degli utenti in materia di reti e di servizi di comunicazione elettronica e il regolamento (UE) n. 531/2012 relativo al roaming sulle reti pubbliche di comunicazioni mobili all’interno dell’Unione”40.
Tale regolamento acquista un’importanza strategica nello scenario europeo e, quindi, anche nazionale, poiché ha lo scopo di definire norme comuni per garantire un trattamento equo e non discriminatorio del traffico nella fornitura di servizi di accesso a Internet e tutelare i relativi diritti degli utenti finali. Esso mira a tutelare gli utenti finali e a garantire al contempo il funzionamento ininterrotto dell’ecosistema di Internet quale volano per l’innovazione.
In particolare, ai sensi dell’art. 5 del Regolamento, le Autorità nazionali di regolamentazione hanno il compito di stretto monitoraggio sul rispetto del richiamato articolato, nonché di promuovere “la costante disponibilità dell’accesso non discriminatorio a Internet a livelli qualitativi che siano al passo con il progresso tecnologico”, potendo, a tal fine, anche “imporre requisiti concernenti le caratteristiche tecniche, i requisiti minimi di qualità del servizio e altre misure adeguate e necessarie a uno o più fornitori di comunicazioni elettroniche al pubblico, incluso ai fornitori di servizi di accesso a Internet”.
Il regolamento inoltre all’art. 3 stabilisce che “Gli utenti finali hanno il diritto di accedere a informazioni […] tramite il servizio di accesso a Internet” ha come scopo anche quello di garantire la neutralità della Rete nel territorio dell’Unione. Il primo considerando recita infatti: “Il presente regolamento mira a definire norme comuni per garantire un trattamento equo e non discriminatorio del traffico”.

Va anche ricordato che in Italia a livello regionale, un’ipotesi di riconoscimento legislativo del diritto di accesso ad Internet è riscontrabile nella Regione Umbria. Tale diritto è stato infatti riconosciuto nel dicembre 2013 con la legge regionale n. 31 del 13 dicembre 2013. Nel comma 1 dell’art. 1 di tale legge, rubricato “Oggetto e finalità” si può infatti leggere: «La Regione riconosce il diritto di tutti i cittadini di accedere a Internet quale fondamentale strumento di sviluppo umano e di crescita economica e sociale e promuove lo sviluppo delle infrastrutture di telecomunicazione al fine di assicurare la partecipazione attiva alla vita della comunità digitale. […].» nella fornitura di servizi di accesso a Internet e tutelare i relativi diritti degli utenti finali”.

Nella sua sinteticità, si intuisce come il secondo comma dell’art. 21 così come previsto dalla proposta di legge costituzionale n. 327/2022 possa trovare collegamento con altri principi costituzionali anche attraverso le specificazioni contenute nella “Dichiarazione dei diritti in Internet”. In questo senso si potrebbero rinvenire, tra gli altri richiami, al diritto all’istruzione (art. 34 Cost.), all’iniziativa economica privata (art. 41 Cost.) e al buon andamento della PA (art. 97 Cost.), nonché a tutti quei diritti che la dottrina è riuscita ad evidenziare.

Il secondo comma dell’art.21 andrebbe quindi letto come fondatore di un “diritto sociale” in quanto consentirebbe l’esercizio di diritti fondamentali, che definiscono e qualificano la cittadinanza quali il diritto di informare e di essere informati, il diritto di critica, il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero, il diritto di apprendere, studiare, anche di partecipare alla vita politica e di decidere e incidere sulle decisioni politiche e sociali.

Questa nuova norma costituzionale, fornendo un formale fondamento Costituzionale al diritto ad Internet, sarebbe importante per poter svolgere molte riforme di cui il nostro Paese è in attesa.

Su quest’ultimo punto, al termine di questa analisi, siano permesse alcune riflessioni conclusive. Si deve rilevare che una interpretazione costituzionalmente orientata delle norme (europee e nazionali) esistenti, anche sulla scorta della dottrina che si è creata sulla materia ed alla luce della “Dichiarazione dei diritti in Internet”, autorizzerebbe sin d’ora un’ampia gamma di riforme ed interventi che garantiscano l’effettivo accesso ad Internet ai cittadini (già riconosciuto come diritto fondamentale dalla normativa sovranazionale). Si può inoltre affermare che già solo le concrete esigenze sociali ed economiche del paese dovrebbero spingere (al di là della formale enunciazione di un nuovo articolo nella Costituzione repubblicana) verso una serie di iniziative -anche urgenti- che portino ad una effettività dell’accesso ad internet. Potestà che, di fatto, molti cittadini ad oggi, anche dopo la crisi della pandemia covid 19, non hanno ancora (e non certo solo per la mancanza di un testo normativo di rango Costituzionale). La proposta di modifica costituzionale dovrebbe fondare la pretesa del cittadino nei confronti dello Stato affinché provveda a fornire un accesso (struttura e servizio) adeguato all’esercizio on line dei propri diritti ed anche all’adempimento dei propri doveri.

Infatti l’accesso ad Internet in un paese che -unico- ha previsto PEC, e obbligo di fattura elettronica, SPID dovrebbe essere quantomeno garantito senza ammettere scoperture, se non addirittura fornito direttamente dalla stessa PA in modo gratuito (sulla base dei principi sopracitati).

Dimitri De Rada



1 Disegno di legge costituzionale n. 2485 del 6 dicembre 2020, Art. 21-bis:Tutti hanno eguale diritto di accedere alla rete Internet, in condizione di parita`, con modalita` tecnologicamente adeguate e che rimuovano ogni ostacolo di ordine economico e sociale. La legge stabilisce provvedimenti adeguati a prevenire le violazioni dei diritti di cui al Titolo I della parte I.». Si veda https://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/00519114.pdf.

2 Cfr. disegno di legge costituzionale n. 327 del 13 ottobre 2022. Si veda https://www.camera.it/leg19/126?tab=2&leg=19&idDocumento=327&sede=&tipo=.

3 In particolare, con riferimento agli obiettivi europei relativi alle connessioni in banda larga e ultralarga, la Commissione europea ha adottato il 19 maggio 2010 la comunicazione “Un’agenda digitale europea”(COM(2010)245). L’Agenda rappresenta una delle sette “iniziative faro” della Strategia per la crescita “Europa 2020”. Tale Comunicazione prevede tre obiettivi in tema di banda larga ed ultra larga, con diverse scadenze temporali: Banda larga di base per tutti entro il 2013; banda larga veloce (pari o superiore a 30 Mbps) per tutti entro il 2020; banda larga ultraveloce (velocità superiore a 100 Mbs) per almeno il 50% degli utenti domestici europei entro il 2020”. Si veda anche Camera dei Deputati, servizio studi, Le reti e la banda ultralarga, 2 settembre 2019, https://www.camera.it/temiap/documentazione/temi/pdf/1104721.pdf.

4 Si veda per approfondimenti il sito dell’AGID.

5 A. BIONDI, Tim, dall’Antitrust multa di 116 milioni: «Ostacoli allo sviluppo della fibra», (6/3/2020) [https://www.ilsole24ore.com/art/tim-dall-antitrust-multa-116-milioni-ostacoli-sviluppo-fibra-ADO0fWB], consultato il 6/5/2023.

6 PNRR, verso la Gigabit society [https://www.italiadomani.gov.it/it/news/pnrr–verso-la-gigabit-society.html], consultato il 6/5/2023.

7 A. Alù – A. Longo, Digital divide: cos’è il divario digitale e come si affronta in Italia, (13/3/2020) [https://www.agendadigitale.eu/cultura-digitale/il-digital-divide-culturale-e-una-nuova-discriminazione-sociale/], consultato il 6/5/2023.

8 M. Bianchi, Accesso ad Internet in Italia: tra “privilegio di tanti” e “diritto di tutti”, (12/12/2022) [https://catania.liveuniversity.it/2022/12/12/accesso-ad-internet-in-italia-tra-privilegio-di-tanti-e-diritto-di-tutti/], consultato il 6/5/2023: “A tal proposito, l’analisi dell’Istat riguardo l’accesso ad Internet da casa da parte dei nuclei familiari residenti in Italia si presenta come una fotografia del Paese, dato che fornisce i risultati a seconda delle aree geografiche italiane. Secondo quanto rilevato dall’Istat, nel 2020 il 79% delle famiglie italiane disponeva di accesso a Internet da casa, al contrario della restante parte le cui motivazioni per la mancata possibilità di accesso ad Internet da casa sono state varie. Infatti, per molti la motivazione è che nessuno in famiglia sapeva usare Internet, mentre un 25.4% delle famiglie che non avevano accesso ad Internet ha dichiarato di trovare questo strumento inutile e non interessante. Infine, l’8% affermò anche che la motivazione del non accesso ad Internet da casa è legato agli alti costi del collegamento”.

9 1) cluster A – aree redditizie: rappresenta l’area più favorevole al conseguimento dell’obiettivo di realizzare reti ultraveloci a 100 Mbs entro il 2020. Comprende 15 città “nere” (le più popolose d’Italia) e le principali aree industriali. Riguarda il 15% della popolazione nazionale (circa 9,4 milioni di abitanti). Sono comunque necessari limitati interventi di stimolo pubblico (mediante defiscalizzazioni o garanzie state degli investimenti a debito).2) cluster B – aree per le quali non è previsto un investimento a 100 Mbs: è formato dalle aree per le quali sono previste dagli operatori privati iniziative per connessioni a 30 Mbps, ma senza interventi pubblici le condizioni di mercato non sono sufficienti a garantire i ritorni minimi necessari agli operatori che investono per una connessione a 100 Mbs. Include 1120 comuni in cui risiede il 45% della popolazione(circa 28,2 milioni). E’ diviso in due sottocluster, a seconda che sia stato avviato o meno un intervento pubblico per lo sviluppo della connettività ad almeno 30 Mbps.3) cluster C – aree marginali: Sono aree per le quali gli operatori possono maturare l’interesse a investire in reti con più di 100 Mbps soltanto grazie a un sostegno statale. Include circa 2.650 comuni e alcune aree rurali non coperte da reti a più di 30 Mbps. Vi risiedono circa 15,7 milioni di persone (il 25% della popolazione). L’intervento pubblico in questo cluster è maggiore rispetto a quello del cluster B.4) cluster D – Sono aree a fallimento di mercato (c.d aree bianche) per le loro caratteristiche di scarsa densità abitativa e di dislocazione frastagliata sul territorio per le quali solo l’intervento pubblico diretto può garantire alla popolazione residente un servizio di connettività a più di 30 Mbps. Ingloba i restanti 4.300comuni circa, soprattutto al Sud, incluse alcune aree rurali. Riguarda il 15% della popolazione. Camera dei Deputati, servizio studi, Le reti e la banda ultralarga, 2 settembre 2019, https://www.camera.it/temiap/documentazione/temi/pdf/1104721.pdf. Si veda anche, per una semplice esplicazione della materia A. Galassi, Banda larga e aiuti di Stato: aree bianche, grigie e nere | Wired Italia [https://www.wired.it/internet/tlc/2015/04/09/banda-larga-ultralarga-aiuti-aree-bianche-grigie-nere/], consultato il 6/5/2023.

10 Cass. Civ. sez. VI, 27 agosto 2020, n. 17894: “… Ciò non vuol dire, però, che tutte le volte in cui la tecnica o gli usi facciano sorgere nuovi commoda, la pretesa d’avvalersene assurga automaticamente al rango di diritto fondamentale della persona. Affinchè una situazione giuridica soggettiva possa qualificarsi come “diritto fondamentale della persona” sono infatti necessari due requisiti. Il primo requisito è che tale diritto riguardi la persona e non il suo patrimonio. E la forzosa rinuncia al godimento d’un bene materiale di norma non costituisce lesione d’un diritto “della persona”, salva l’ipotesi estrema in cui il fatto illecito abbia privato la vittima del godimento di beni materiali sì, ma essenziali quoad vitam: l’acqua, l’aria, il cibo, l’alloggio, i farmaci.

E l’uso d’un telefono ovviamente non è necessario alla sopravvivenza. Il secondo requisito da accertare, affinchè un diritto della persona possa dirsi “fondamentale”, è che l’esercizio di esso non possa essere impedito, senza per ciò solo sopprimere o limitare la dignità o la libertà dell’essere umano. Ma ovviamente l’impedimento all’uso del telefono non menoma nè la dignità, nè la libertà dell’essere umano, nè costituisce violazione d’alcuna libertà costituzionalmente garantita, e tanto meno di quella di comunicare, posto che nulla vieterebbe in tal caso all’interessato di servirsi di altri mezzi (primo fra tutti, un telefono sostitutivo), ovviamente addossando alla controparte inadempiente il relativo pregiudizio patrimoniale.

11 Cfr. Camera dei Deputati, Commissione per i diritti e i doveri relativi ad Internet, Dichiarazione dei diritti in Internet, 14 luglio 2015, art. 2.5.

12 Ibid., art. 2.2.

13 L. ATZORIA. IERAG. MORABITO, Understanding the Internet of Things: definition, potentials, and societal role of a fast evolving paradigm, in Ad Hoc Networks, 2017, 56 pp. 122–140.

14 D. WINSECK, The Geopolitical Economy of the Global Internet Infrastructure, in Journal of information Policy, 2017, 7, pp. 228–267.

15 Cfr. anche “Codice della Amministrazione Digitale”, disponibile a https://www.agid.gov.it/it/agenzia/strategia-quadro-normativo/codice-amministrazione-digitale.

16 OSCE, Freedom of expression on the internet, 2012, https://www.osce.org/fom/105522?download=true.

17 F. LA RUE, Report of the Special Rapporteur on the promotion and protection of the right to freedom of opinion and expression, ONU, Assemblea Generale, 16 maggio 2011.

18 Si ritiene che il termine sia stato utilizzato per la prima volta dal vice – Presidente USA Al Gore in un discorso del 1996 in Tennessee: «That our children will never be separated by a digital divide».

19 A. CELOTTO, I “non” diritti al tempo di internet, in Diritto di internet, 5, 2019.

20 U.N. HUMAN RIGHTS COUNCIL, Thirty-second session, 27 giugno 2016, A/HRC/32/L.20.

21 Per una sintesi dei problemi dei diritti rispetto al mondo di internet, cfr. per tutti S. RODOTÀ, Il mondo nella rete. Quali diritti, quali vincoli, Roma – Bari, 2014.

22 Camera dei Deputati, Commissione per i diritti e i doveri relativi ad Internet, Dichiarazione dei diritti in Internet, 14 luglio 2015. Si veda in particolare il preambolo.

23 R. SHANDLER – D. CANETTI, A Reality of Vulnerability and Dependence: Internet Access as a Human Right, in Israel Law Review, 52, 2019.

24 S. RODOTÀ, Dal soggetto alla persona, Napoli, 2007.

25 A. POGGI, Diritto a Internet o diritto alla libertà di manifestazione del pensiero?, In Liber amicorum per Pasquale Costanzo, Consultaonline, p.8.

26 Nella poderosa dottrina sul punto si segnalano G. PINO, I diritti fondamentali nel prisma dell’interpretazione giuridica, in G. ALPA – G. ROPPO (a cura di), La funzione civile del giurista. Studi in onore di Stefano Rodotà, Bari 2013; M.R. ALLEGRI, Riflessioni e ipotesi sulla costituzionalizzazione del diritto di accesso a internet (o al ciberspazio?), in Rivista AIC,2016, 1; A. VENANZONI, Cyber-costituzionalismo: la società digitale tra silicolonizzazione, capitalismo delle piattaforme e reazioni costituzionali, in Rivista italiana di informatica e diritto, 2020, 1, p. 30.

27 G. ALPA, L’identità digitale e la tutela della persona. Spunti di riflessione, in Contratto e Impresa, 2017, 33, pp. 723 e ss.

28 Così V. FROSINI, L’orizzonte giuridico di Internet, in Il diritto dell’informazione e dell’informatica, 2000, 2, pp. 271-280.

29 Ibid.; A. POGGI, cit.

30 “The Exxon Valdez of cyberspace: If data are the new oil, data breaches should be treated like oil spills” così titolava l’8 agosto 2019 The Economist, https://www.economist.com/business/2019/08/08/the-exxon-valdez-of-cyberspace.

31 S. RODOTÀ, Verso una Dichiarazione dei diritti di Internet, Roma, 2014, https://www.camera.it/application/xmanager/projects/leg17/attachments/upload_file/upload_files/000/000/193/Internet_Libe.pdf. L’immagine richiama evidentemente la similitudine che sta nella celebre dichiarazione di Tim Barnes-Lee sul Guardian del 16 novembre 2017: “Gas is a utility, so is clean water, and connectivity should be too (…) It’s part of life and shouldn’t have an attitude about what you use it for – just like water.” Disponibile presso https://www.theguardian.com/technology/2017/nov/15/tim-berners-lee-world-wide-web-net-neutrality=. La descrizione di internet come una utility che trasporta dati ben fa intendere il contenuto anche economico oltre che informativo (Internet era “information service” sin dal 2002 secondo la classificazione Federal Communications Commission e la riclassificazione come public utility è stata effettuata nel febbraio 2015).

32 Sul punto si veda M. IASELLI, cit.

33 G. RICOVERI, Beni comuni fra tradizione e futuro, Bologna, 2005.

34 R. BRIGANTI, Dimensione costituzionale dei beni comuni tra principi, regole e prassi, in Nomos, 2019, 2, p. 5; G. RICOVERI, cit.

35 D. FUSCHI, Accesso telematico e utilizzo dei dati nell’e-government, in Diritto pubblico comparato ed europeo, 2020, 4, pp.973-994.

36 S. RODOTÀ, Il mondo nella rete. Quali i diritti, quali i vincoli, Bari, 2014.

37 S. RODOTÀ, Elaboratori elettronici e controllo sociale, Bologna, 1973; S. RODOTÀ, Lectio magistralis tenuta a Bordeaux (in pari data) per la laurea Honoris causa, 28 ottobre 2005, disponibile su https://www.privacy.it/archivio/rodo20051028.html.

38 Camera dei Deputati, Commissione per i diritti e i doveri relativi ad Internet, Dichiarazione dei diritti in Internet,14 luglio 2015, preambolo.

39 Ibid.

40 Regolamento europeo n. 2120 del 25 novembre 2015.