“Fake News”: un virus che uccide la democrazia?

L’avvento della rivoluzione digitale ha comportato un’importante evoluzione nel settore della comunicazione: maggiore velocità, maggiore mole di informazioni, la possibilità per chiunque di commentare le notizie, fruibili in qualunque parte del mondo (passando così da un sistema one to many ad uno many to many). L’informazione sul web appare così ad oggi disintermediarizzata, fluida, ma per altri versi abbastanza omogenea all’apparenza, rendendo talvolta difficile distinguere le fonti in base alla loro autorevolezza.

Questa rivoluzione dell’informazione digitale ha però generato notevoli ombre e problematiche.

In questi giorni, in cui le nostre società stanno vivendo emergenze prima immaginabili, l’ondata di fake news che ha investito la comunicazione internet costituisce una minaccia reale per il peso che la disinformazione può esercitare sia sulla salute dei cittadini che sulle stesse istituzioni nazionali e sovranzazionali. Si è recentemente giunti a campagne di notizie inaccurate “suscettibili di porre in pericolo la salute degli utenti in quanto induttivi di una sottovalutazione dei rischi potenziali del virus”, diffuse nell’ambito della promozione di farmaci o integratori o di pretese terapie o dietei. Inoltre, si sono diffuse teorie complottiste miranti ad attribuire responsabilità attinenti alla origine o agli sviluppi delle epidemie. L’esito è che si è giunti a dover analizzare l’impatto della circolazione delle false notizie sulla diffusione dei virus ed a parlare di ‘”infodemia”, ovvero la diffusione straordinaria ed eccessiva di informazioni, alcune non sempre corrette e accurate, che ha reso difficile per le persone trovare fonti attendibili e una guida affidabile quando ne hanno bisogno e, spesso, li hanno indotti a sottovalutare rischi realiii.

Nel tentativo di arginare questi problemi già da tempo sono sorti i primi progetti per “regolamentare” la comunicazione sul webiii e in questi giorni, addirittura, la commissione Affari costituzionali dell’Eurocamera ha predisposto un apposito studio su “istituzioni e interferenze straniere”, “difesa della democrazia liberale”, “integrità delle elezioni europee”iv.
Le problematiche connesse alla comunicazione sul web hanno infatti un impatto notevole sia sui diritti soggettivi individuali, che su quelli collettivi, come la sicurezza, l’ordine pubblico e la pacifica convivenza
v. Partendo da queste osservazioni anche la dottrina giuridica ha iniziato a muovere le proprie considerazioni, specie in tema di bilanciamento di diritti.

Uno dei principali temi, o problemi, connessi a questa visione è proprio quello delle cd. fake news. Il tema suscita particolare allarme sociale, poiché la loro diffusione avviene attraverso strumenti automatizzati e piattaforme di social media, riuscendo così ad influenzare l’informazione e l’opinione individuale, oltre che a condizionare significativamente i processi decisionali collettivi (anche politici). Tale ultimo aspetto ha portato a parlare di “Disrupting democracy”, inteso come un lato oscuro del ruolo della tecnologia nel sistema democraticovi. L’impatto di questo fenomeno anche su interessi sensibili ha così portato all’accelerazione dell’analisi sviluppatasi nella dottrina giuridica degli ultimissimi annivii.

Il trattamento giuridico delle fake news presenta però aperto una serie non trascurabile di problematiche.

Già sotto un profilo definitorio si creano notevoli dubbi. La definizione di fake news non sembra raccogliere unanimità né sotto un profilo oggettivo (quali notizie rientrino nella definizione), né soggettivo (se sia necessario dimostrare il dolo o anche solo una colpa nella loro diffusione)viii. Sul punto, Il Code of Practice on Disinformation della Commissione Europea fornisce una definizione di “fake news” sufficientemente chiara ed esaustiva, per cui “Disinformation is verifiably false or misleading information created, presented and disseminated for economic gain or to intentionally deceive the public. It may have far-reaching consequences, cause public harm, be a threat to democratic political and policy-making processes, and may even put the protection of EU citizens’ health, security and their environment at risk”ix. Tale definizione pare quindi muovere dal concetto di “notizia”, limitando poi il proprio ambito di applicazione ad ipotesi non interessate da norme comunitarie e costituzionali a tutela della freedom of expression. Inoltre, la definizione citata non fa alcun riferimento all’eventuale causazione di un danno da parte della notizia, mentre fa espresso riferimento alla necessità che la notizia debba essere propagata o per un guadagno economico o, deliberatamente, per fini decettivi. Anche sul piano del diritto interno è stato sostenuto che dalla garanzia dell’art. 21 Cost. resta escluso il «subiettivamente falso, quindi la menzogna, il dolo, l’inganno, il raggiro, o la frode ma non invece l’obiettivamente erroneo»x.

Il problema definitorio è certamente legato alle particolari modalità di creazione e diffusione delle fake news, nonché all’individuazione dei loro responsabili. In tal senso, senza pretesa di esaustività, sono principalmente due i metodi di diffusione delle fake newsxi. Il primo è il cd. click baiting, cioè la pubblicazione di notizie false con foto e titoli sensazionalistici volti a incuriosire l’utente, ovvero pubblicando anteprime di video dal contenuto differente rispetto a quello realmente presente nell’articolo. Lo scopo è quello di attirare clic sulle proprie pagine, incoraggiarne la condivisione sui social, guadagnando così con gli annunci online e lasciando cookies o malware sui devices degli utenti ignari. Spesso il sistema viene usato come esca per le “bufale”, diffuse in modo anche ignaro e volte ad orientare le opinioni degli utenti. Il secondo è il cd. astroturfing, che si attua distribuendo strategicamente una notizia specifica attraverso una varietà di fonti (come gruppi frontali o robot) per dare l’impressione che numerose di esse stiano discutendo l’articolo. Queste pratiche hanno effetti rilevanti: diffondo disinformazione, manipolano elementi facendo apparire le notizie false di maggiore tendenza rispetto alla controparte reale, creano “l’illusione della maggioranzaxii e “l’illusione della conoscenza”, il tutto con finalità di lucro, propaganda o simili.

A ciò si unisce la difficoltà nell’individuare i reali responsabili delle fake news. Queste possono infatti essere originate sia da utenti reali che da robot, i quali sfruttano la profilazione degli utenti variamente effettuate dagli algoritmi per influenzare singoli e gruppi di utenti, profilazione che peraltro permette una previa selezione dei soggetti a cui indirizzare la notizia. Inoltre, le fake news beneficeranno per la loro diffusione di una terza categoria di soggetti: gli individui che, consapevolmente o meno, le diffonderanno. Va quindi ribadito lo stretto rapporto che esiste tra privacy, protezione dei dati personali e fake news, disinformazione che viene specificamente indirizzata agli utenti in base alle loro preferenze (rilevabili dai loro dati personali)xiii.

Ciò che appare, sotto un profilo di bilanciamento dei diritti, è un’evidente tensione fra la libera espressione ed il diritto di essere correttamente informati. A fronte della libertà di espressione, la divulgazione di una notizia falsa ne costituisce certamente un abuso. Inoltre, tale diritto deve esser letto anche nella sua accezione passiva, cioè ad essere correttamente informati. Sebbene non abbia un espresso riferimento costituzionale, questo diritto è stato desunto per via interpretativa dall’art.21 Cost.: sul punto c’è unanimità in dottrina e giurisprudenzaxiv. Vi è un infatti un interesse, costituzionalmente protetto ai sensi dell’art. 21 Cost., a che le informazioni che circolano siano trasparenti e veritiere, con la conseguente possibilità di intervenire su quelle notizie prive di tali requisiti e che dunque non godrebbero della tutela costituzionalexv.

Le innegabili preoccupazioni poste dalle fake news, anche in relazione ai succitati diritti, hanno portato sia l’Unione Europea che alcuni Paesi nazionali ad intervenire.

L’Unione europea ha in tal senso pubblicato il report “A multidimensional approach to disinformation”, la comunicazione “Tackling online disinformation: a European approach” e il Code of Practice on Disinformation. In particolare il Code lascia emergere il tentativo di profilare un insieme di principi comuni in grado di orientare le attività dei soggetti privati coinvolti nella lotta al fenomeno delle fake news, quali garantire maggiore trasparenza sulla produzione e promozione delle notizie; garantire la credibilità e diversità di informazione, creare un sistema di cooperazione, assumendo a tal fine anche la forma di un contratto aperto alle adesioni anche di terze parti. Parte della dottrina rimane però scettica su questa soluzione ed in particolare sulla sua effettività e nella difficoltà di creare strumenti realmente adeguatixvi.

A livello nazionale, importante evidenziare che l’Italia sia stato uno dei primi Paesi a tentare la via della legiferazione, con i progetti di legge Gambaro, De Maria e Zanda-Filippin. Anche in questo caso si pongono però seri dubbi sull’efficacia di queste iniziative che, pur ben strutturate, devono confrontarsi con un flusso di informazioni fake con portata di diffusione globale ed autori sia immediati che mediati, magari ubicati in Paesi stranieri.

In conclusione, alla luce di questi rilievi, rimane difficile pensare di poter contrastare la diffusione delle notizie false in ambito locale (nazionale) sulla base solamente di norme interne civili e penali, a fronte di sistemi automatizzati di diffusione delle notizie su scala internazionale. La possibilità, proposta da taluno, di creare una qualche “Authority indipendente” che vigili sulle notizie diffuse in rete, riecheggia in qualche modo l’Orwelliano “Ministero della Verità” che potrebbe configurare nei fatti una sorta di censura, oltre che andare contro la “natura” indipendente e neutra della rete.

Personalmente confidiamo in un incisivo ruolo delle Istituzioni Europee che possa indurre gli OTT a pratiche virtuose, rendendo poi queste globali, dal momento che l’impatto della normativa europea, ed in particolare degli standard normativi delineati dall’Unione Europea, rivela un’importante influenza nell’orientare sia le scelte strategiche delle multinazionali anche fuori dai propri confini, che le scelte legislative di paesi extracomunitari (c.d. “Bruxelles effect”). Sempre ricordando che l’insieme dei diritti riconosciuti non serve a garantire una generica libertà in Rete, ma ha la specifica funzione di impedire la dipendenza della persona dall’esterno e l’espropriazione del diritto di costruire liberamente la propria personalità, identità ed opinione. Certamente utili e condivisibili le proposte Garante Privacy italiano per tentare di arginare il problema: Un’etichetta che segnali i chat bot e le segnalazioni delle fake news, da parte di “soggetti indipendenti, procedure di eliminazione di contenuti di odio, sanzioni verso le piattaforme social che non provvedano ad eliminare le segnalazioni, implementazione di sistemi di protezione dei dati al fine di evitare fenomeni di targettizzazione, congeniali agli strumenti di creazione di fake newsxvii.

ii WHO, Risk communication, in Weekly epidemiological record, No 7, 2016, 91, https://www.who.int/wer/2016/wer9107.pdf; WHO, Munich Security Conference, 15 febbraio 2020, https://www.who.int/dg/speeches/detail/munich-security-conference; BBC, WHO says fake coronavirus claims causing ‘infodemic, 13 febbraio 2020, Cfr. The Wall Street Journal, In the Coronavirus ‘Infodemic,’ Here’s How to Avoid Bad Information, 22 marzo 2020, Cfr. anche https://news.stanford.edu/2020/03/16/fake-news-coronavirus-appealing-avoid/.

v Gli esempi sono innumerevoli. Rimanendo su tematiche recenti si pensi ad esempio a quelle in merito al virus Covid-19. Si rimanda, sul tema, fra tutti, a WHO, Risk communication, in Weekly epidemiological record, No 7, 2016, 91, https://www.who.int/wer/2016/wer9107.pdf.

vi Bertelsmann Foundation, Disrupting democracy: point, click, transform, Washington, 2018, https://www.bfna.org/project/disrupting-democracy/.

vii Si veda ad esempio A. Ezra Waldman, The marketplace of fake news, Journal of constitutional law, Philadelphia, 2018, pg. 845 e segg.; M. Cuniberti, Il contrasto alla disinformazione in rete tra logiche del mercato e (vecchie e nuove) velleità di controllo, Rivista di diritto dei media, 1, 2017, 26-40, http://www.medialaws.eu/rivista/il-contrasto-alla-disinformazione-in-rete-tra-logiche-del-mercato-e-vecchie-e-nuove-velleita-di-controllo/.

viii D. O. Klein e Joshua R. Wueller, Fake News: a legal prospective, journal of Internet Law , Vol. 20, N. 10, aprile 2017, http://governance40.com/wp-content/uploads/2018/12/Fake-News-A-Legal-Perspective.pdf, pg. 6.; L. Maccarrone, Fake news: il ventunesimo articolo nel ventunesimo secolo, diritto.it, 2017, https://www.diritto.it/fake-news-ventunesimo-articolo-nel-ventunesimo-secolo/.

ix Commissione Europea, tackling online disinformation, https://ec.europa.eu/digital-single-market/en/tackling-online-disinformation.

x C. Esposito, La libertà di manifestazione del pensiero nell’ordinamento italiano, Giuffrè, Milano, 1958, 36-37 e nota 83; Tribunale di Roma, sez. diritti della persona, ord. n. 64469/17.

xi Si rinvia ad esempio a Information Society Project at Yale Law School and the Floyd Abrams Institute for Freedom of Expression, Fighting Fake News (Workshop Report), 2017.

xii K. Lerman, X. Yan, X.Z. Wu, The “Majority Illusion” in Social Networks. PLoS ONE 11(2), 2016, https://doi.org/10.1371/journal.pone.0147617.

xiii G. Ghidini e A. Massolo, Fake news e allarme sociale: responsabilità, non censura, Relazione presentata al Convegno (Milano, 5 maggio 2017), Centro Nazionale di Prevenzione e difesa sociale. https://www.cnpds.it/documenti/fake_news_ghidini_massolo_finale.pdf.

xiv F. Donati, L’art. 21 della Costituzione settanta anni dopo, in MediaLaws, 2018, 3, http://www.medialaws.eu/rivista/lart-21-della-costituzione-settanta-anni-dopo/; Corte costituzionale, sent. 112/1993.

xv R. Perrone, Fake news e libertà di manifestazione del pensiero: brevi coordinate in tema di tutela costituzionale del falso, Nomos, 2018, pg.10, http://www.nomos-leattualitaneldiritto.it/nomos/roberto-perrone-fake-news-e-liberta-di-manifestazione-del-pensiero-brevi-coordinate-in-tema-in-tema-di-tutela-costituzionale-del-falso/.

xvi C. Magnani, Libertà d’informazione online e fake news: vera emergenza? Appunti sul contrasto alla disinformazione tra legislatori statali e politiche europee, Forum quaderni Costituzionali, aprile 2019, pg.6 http://www.forumcostituzionale.it/wordpress/wp-content/uploads/2019/04/magnani.pdf.